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I recenti orientamenti della strategia energetica europea, recepiti dalla legislazione nazionale, indirizzano sempre più lo sviluppo della bioenergia verso l’utilizzo preponderante di biomasse residuali, sottoprodotti e scarti provenienti dai comparti agroforestali ed agroindustriali, accanto all’utilizzo di biomasse appositamente prodotte nel rispetto di rigorosi criteri di sostenibilità. Tale orientamento è riscontrabile principalmente nel processo di revisione della Direttiva sulle fonti rinnovabili. Questo, infatti, vede la proposta della valutazione anche degli effetti indiretti legati al cambiamento d’uso del suolo (ILUC[1]) delle colture energetiche, determinando di fatto un freno alla loro diffusione, e della limitazione del contributo agli obiettivi fissati per il 2020 per i biocarburanti ottenuti da colture vegetali, a favore di quelli, così detti di seconda generazione, prodotti da materiale lignocellulosico, ed in primo luogo da scarti. Ulteriore indirizzo dettato in sede UE  è quello, all’interno della più generale strategia europea basata sulla bioeconomia, di un utilizzo gerarchico della biomassa, che prevede, in cascata, la destinazione energetica soltanto per le frazioni residuali e non utilizzabili per l’ottenimento di prodotti a più elevato valore (Risoluzione del Parlamento europeo, 2012/2295(INI)). In Italia tale visione rinnovata della bioenergia si è concretizzata con la modifica del sistema incentivante che, a partire dal 2013, premia maggiormente gli impianti di piccola taglia ed alimentati con sottoprodotti (DM 6 luglio 2012). Tra i residui del comparto agricolo, le potature costituiscono, sia in termini qualitativi che quantitativi, un’ importante risorsa per un utilizzo a scopo energetico, che tuttavia ancora tutt’oggi risulta sfruttata solo in minima parte per una serie di ostacoli, principalmente, di carattere economico. La frammentazione aziendale e l’estensione contenuta delle superfici su cui insistono le colture arboree rendono, infatti, onerosa la raccolta dei residui di potatura, in assenza di una filiera organizzata.

L’Unità di Ingegneria Agraria (Cra-Ing) del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in Agricoltura, è da tempo impegnata in azioni atte allo sviluppo di tale filiera. In particolare si è occupata di  eseguire studi di fattibilità e prove in campo volte alla messa a punto della cantieristica adatta per il recupero delle biomasse residuali. L’esperienza maturata ha permesso di accedere in tempi più recenti al Progetto Europruning, che ha come finalità generale la promozione di una filiera sostenibile finalizzata al recupero e allo sfruttamento energetico del potenziale europeo di potature. Il progetto muove dalla necessità di conoscere dove, con quale frequenza, con quali caratteristiche e in quali quantità si rendono disponibili tali risorse.

Rispondere a tali quesiti, ovvero definire il potenziale di biomasse realmente sfruttabile, è un’operazione molto complessa,  per il numero di variabili ed aspetti che entrano in gioco. Nei paragrafi che seguono tale complessità viene evidenziata attraverso l’analisi degli aspetti che  influenzano da un lato la produzione di biomassa, dall’altro le opportunità concrete del suo sfruttamento.

[1] Indirect land use change